Nottola di Minerva
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NOTTOLA  DI   MINERVA

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"[...] la filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero del mondo, essa appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realtà ha compiuto il suo processo di formazione ed è bell’e fatta. […] La nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo"
Hegel, Lineamenti di Filosofia del diritto, Prefazione

Kant e la realtà tinta di rosa

9/22/2021

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Perché è un libro di filosofia per bambini, e non solo, da 8 anni in su, di Umberto Galimberti. Nell'Introduzione, l'Autore spiega come giocare con le idee permette di allargare i propri orizzonti, diventando più tolleranti, più capaci di comprendere, e quindi vivere meglio.
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Introduciamo Kant attraverso la sua sintetica, ma lucida descrizione.

GLI OCCHI DELLA RAGIONE
Immanuel Kant

Scommetto che non vedi l’ora di crescere per andare dove vuoi senza essere accompagnato da un adulto. Per Kant, però, l’unica cosa che dimostra che sei diventato grande è il coraggio di pensare da solo. Ora ci sono persone che pensano per te, come la maestra che ti dice che la Terra è tonda, o la mamma che ti dice che le verdure fanno bene. Crescerai davvero quando, avendo imparato a usare la tua testa, non lascerai che gli altri ti dicano come stanno le cose, ma ti sforzerai di conoscerle. Per Kant è l’uomo il protagonista della conoscenza, e capirlo fu la sua rivoluzione. Per conoscere qualsiasi cosa, mettiamo un fiore, c’è bisogno di due elementi: la cosa da conoscere, cioè il fiore, e qualcuno che la conosce. Prima di Kant tutti pensavano che per conoscere il fiore bisognasse analizzare solo il fiore. Invece Kant capisce che bisogna studiare come funziona chi vuole conoscere il fiore, ovvero come funziona la mente dell’uomo. Una mosca, per dire, vede a quadretti, e se volesse conoscere il fiore dovrebbe considerare che quei quadretti non stanno nei petali, ma nei suoi occhi che li vedono così. Per l’uomo è lo stesso: tu non vedi il fiore così com’è, ma lo vedi come la tua mente te lo rappresenta nello spazio e nel tempo.
Spazio e tempo, proprio come i quadretti della mosca, non stanno nel fiore, stanno negli occhi speciali della tua ragione. Conoscere per Kant vuol dire usare correttamente la ragione, quindi i suoi occhi, per vedere ciò che ci circonda. E per prima cosa dobbiamo sapere come sono fatti questi occhi.
☛ Immanuel Kant (1724-1804) è stato tra i maggiori filosofi di tutti i tempi. Il suo pensiero viene chiamato criticismo: dopo aver sollecitato l’uso della ragione (Illuminismo) invita a considerarne anche i limiti. Ragiona con Kant Immagina che su Marte un astronauta e un marziano si trovino davanti allo stesso cratere: secondo te vedrebbero la stessa cosa?

Galimberti, Umberto; Merlini, Irene; Petruccelli, Maria Luisa. Perché? (Italian Edition) (pp.139-140). 
Dopo questa introduzione, si può approfondire con la lettura 
Risposta alla domanda: Che cos'è l'Illuminismo?
Ancora un altro autore, Nigel Warburton, con il suo libro Breve storia della filosofia, può aiutare a introdurre alla filosofia di Kant.
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La realtà tinta di rosa
IMMANUEL KANT
Se indossate degli occhiali con lenti color rosa, ogni aspetto della vostra esperienza visiva risulterà colorato di rosa. Magari vi scordate che li state indossando, ma loro non smetteranno di influenzare la vostra visione. Immanuel Kant (1724-1804) pensava che tutti ci aggiriamo per il mondo comprendendolo attraverso un filtro di questo tipo. Il filtro è il nostro intelletto. Esso determina il modo in cui facciamo esperienza di tutte le cose e dà a quell’esperienza una determinata forma. Qualunque cosa percepiamo, la percepiamo come situata nel tempo e nello spazio, e riconducendo ogni fenomeno a una causa. Ma secondo Kant queste caratteristiche – tempo, spazio, relazione di causa ed effetto – non appartengono alla realtà in sé: sono un’aggiunta del nostro intelletto. Noi non abbiamo un accesso diretto alla realtà in sé, e non possiamo neppure toglierci gli occhiali e guardare le cose come sono veramente. Non possiamo liberarci di quel filtro; se ne fossimo privi, saremmo totalmente incapaci di fare qualsiasi esperienza. Dobbiamo riconoscerne la presenza e capire come esso influenzi e ‘colori’ le nostre esperienze. Kant aveva una mente assai logica e ordinata. Anche la sua vita lo era. Non prese moglie e si impose regole molto severe. Aveva ordinato alla servitù di svegliarlo ogni giorno alle cinque del mattino, per impiegare al massimo il suo tempo. Beveva un tè, fumava una pipa e iniziava a lavorare. Era estremamente produttivo e scrisse numerosi libri e articoli. Poi andava all’università, teneva lezione, tornava a casa e tutti i pomeriggi alle sedici e trenta in punto usciva a fare una passeggiata, percorrendo la strada di casa esattamente otto volte. I suoi concittadini di Königsberg (che oggi si chiama Kaliningrad) regolavano gli orologi sull’inizio della sua passeggiata. Come molti filosofi, dedicò la propria vita a cercare di capire il nostro rapporto con la realtà. Essenzialmente è questo l’argomento della metafisica, e Kant è stato uno dei più grandi metafisici della storia della filosofia. Il suo interesse verteva in particolare sui limiti della nostra conoscenza; per lui si trattava di una sorta di ossessione. Nella sua opera più famosa, la Critica della ragion pura (1781), esplorò questi limiti, spingendosi sino ai confini del comprensibile. Si tratta infatti di un’opera non certo di facile lettura: Kant stesso, a ragione, la descrive come ‘arida’ e ‘oscura’. Sono davvero pochi coloro che possono sostenere di averla pienamente compresa, perché molte delle argomentazioni risultano complesse e criptiche. Leggendola si ha la sensazione di attraversare faticosamente una fitta foresta di parole, intuendo appena la direzione in cui ci si muove e beneficiando ogni tanto di qualche squarcio di luce. Ma l’argomento centrale è abbastanza chiaro. Com’è la realtà? Kant pensava che non possiamo mai avere un quadro completo di come stanno le cose. Non conosceremo mai direttamente quello che chiama il mondo dei noumeni (Kant riprende il termine platonico derivato dal verbo greco ‘pensare’), delle cose come sono in sé, dietro le apparenze. Talvolta usa il termine ‘noumeno’ al singolare, e altre volte ‘noumeni’ al plurale, ma non avrebbe dovuto farlo: noi non possiamo sapere neppure se la realtà è una cosa o molte. A rigore, del mondo noumenico non possiamo sapere nulla, o almeno non possiamo avere conoscenza diretta. Possiamo invece conoscere il mondo fenomenico, quello di cui facciamo esperienza attraverso i nostri sensi. Guardiamo dalla finestra: ciò che vediamo è il mondo dei fenomeni – erba, automobili, cielo, edifici, e così via. Non possiamo vedere il mondo dei noumeni, solo quello dei fenomeni; il mondo dei noumeni resta nascosto dietro tutte le nostre esperienze. È la realtà a un livello più profondo. Alcuni aspetti di questa realtà, quindi, ci sfuggiranno sempre. Possiamo però, mediante il ragionamento rigoroso, raggiungere una comprensione di grado superiore rispetto a quella che ci è consentita dall’approccio puramente scientifico. La domanda principale a cui Kant intendeva rispondere con la Critica della ragion pura era: «Come sono possibili i giudizi sintetici a priori?» Questa domanda probabilmente non vi dice niente. Proverò a spiegarvela; non è così difficile come sembra. La prima parola da spiegare è ‘sintetici’. Nel linguaggio filosofico di Kant, ‘sintetico’ è l’opposto di ‘analitico’. ‘Analitico’ significa ‘vero per definizione’. Ad esempio, una frase come ‘Tutti i maschi sono di sesso maschile’ è vera per definizione; sappiamo che questa affermazione è vera senza dover fare alcuna indagine sui maschi. Non abbiamo bisogno di controllare che siano tutti di sesso maschile, perché se non fossero di sesso maschile, non sarebbero maschi. Per arrivare a quella conclusione non c’è bisogno di un’indagine scientifica, potreste stare seduti in poltrona e ci arrivereste lo stesso. La parola ‘maschi’ ha in sé l’idea di ‘sesso maschile’; lo stesso vale per l’affermazione ‘Tutti i mammiferi allattano i loro piccoli’. Anche in questo caso, non avete bisogno di esaminare tutti i mammiferi per sapere che tutti allattano i piccoli, perché questo fatto è implicito nella definizione di ‘mammifero’. Se trovate un animale che sembra un mammifero, ma non allatta i piccoli, saprete che quello non è un mammifero. Alla fine, i giudizi analitici non sono altro che pure definizioni; non aggiungono nulla alle nostre conoscenze, ma si limitano a esprimere ciò che è implicito nel modo in cui abbiamo definito di una parola. La conoscenza sintetica, invece, richiede l’esperienza o l’osservazione e ci dà nuove informazioni, qualcosa che non è semplicemente contenuto nel significato delle parole o dei simboli che usiamo. Ad esempio, noi sappiamo che il gusto del limone è aspro, ma solo perché l’abbiamo assaggiato (o perché qualcun altro ce l’ha detto dopo averlo assaggiato). Non è vero per definizione che i limoni abbiano sapore aspro; è qualcosa che si impara per esperienza. Un altro giudizio sintetico potrebbe essere «Tutti i gatti hanno la coda». Si tratta di un’affermazione che ha bisogno di essere sostenuta da una ricerca perché possa essere considerata vera; non potrete dire che lo sia finché non ne avrete avuto la prova. E infatti certi gatti, i gatti dell’isola di Man, non hanno la coda. Altri gatti la coda ce l’avevano, poi l’hanno persa, e restano dei gatti. La domanda se tutti i gatti abbiano la coda ha quindi a che fare con la realtà, non con la definizione di gatto; è molto diversa dall’affermazione «Tutti i gatti sono mammiferi», che avendo a che fare con la definizione di gatto è un giudizio analitico.
Come arriviamo alla conoscenza sintetica a priori? Abbiamo visto che una conoscenza a priori è una conoscenza indipendente dall’esperienza. Sappiamo una cosa a priori, cioè prima dell’esperienza, prima di averla sperimentata. Nel Diciassettesimo e nel Diciottesimo secolo la questione se fosse possibile o meno conoscere a priori era stata argomento di dibattito. Grosso modo, gli empiristi (come Locke) sostenevano che non lo fosse; i razionalisti (come Descartes) sostenevano di sì. Quando Locke diceva che non esistono idee innate e che la mente del neonato è come una lavagna vuota, intendeva che non esistono conoscenze a priori. Da ciò sembrerebbe che ‘a priori’ e ‘analitico’ siano equivalenti (e infatti per alcuni filosofi sono termini intercambiabili). Per Kant non è così. Egli pensava che fosse possibile una conoscenza che svela verità sul mondo indipendentemente dall’esperienza. Per descriverla introdusse la categoria speciale della conoscenza sintetica a priori. Un esempio di conoscenza sintetica a priori, che usò lo stesso Kant, è l’equazione matematica 7+5=12. Secondo alcuni filosofi verità come queste sono analitiche, perché sono intrinseche alla definizione dei simboli matematici. Kant pensava che siamo in grado di sapere a priori che 7+5=12 (non abbiamo bisogno di mettere alla prova l’equazione mediante oggetti o con l’osservazione del mondo reale). Nello stesso tempo, però, essa ci fornisce nuova conoscenza: quindi è anche sintetica. Se Kant ha ragione, si tratta di una scoperta fondamentale. Prima di lui, i filosofi che indagavano la natura della realtà la trattavano semplicemente come qualcosa che sta ‘oltre’ noi e a partire dalla quale si genera la nostra esperienza. La difficoltà era come potessimo avere accesso a quella realtà per poter affermare su di essa qualcosa di significativo che fosse più di una supposizione. La grande intuizione di Kant fu che noi possiamo, grazie alla ragione, scoprire le caratteristiche della nostra mente che ‘colorano’ l’intera nostra esperienza. Sedendo in poltrona e pensando intensamente, possiamo sapere cose della realtà che devono essere per forza vere, ma non vere solo per definizione: potrebbero contenere delle nuove conoscenze. Kant pensava che, con la logica, aveva trovato l’equivalente della prova che il mondo doveva necessariamente apparire rosa ai nostri occhi. Non solo aveva dimostrato che indossiamo occhiali rosa, ma aveva fatto nuove scoperte sulle diverse gradazioni di rosa che quegli occhiali aggiungono a qualsiasi esperienza. Dopo aver risposto in un modo che ritenne soddisfacente alla domanda sul nostro rapporto con la realtà, Kant rivolse la propria attenzione alla filosofia morale.

Warburton, Nigel. Breve storia della filosofia (Italian Edition) (pp. 111-115). Salani Editore. Edizione del Kindle. 
SLIDES SINTETICHE
post a cura di Monica Sanfilippo - prof.philoweb
​@nottolina 
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    Monica Sanfilippo


    Docente di Filosofia e Storia nei Licei 

    Counselor filosofico

    ​Musicista violista 

    ​Dottorato in storia e critica dei beni musicali

    ​Librettista

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