Nottola di Minerva
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NOTTOLA  DI   MINERVA

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"[...] la filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero del mondo, essa appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realtà ha compiuto il suo processo di formazione ed è bell’e fatta. […] La nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo"
Hegel, Lineamenti di Filosofia del diritto, Prefazione

Schopenhauer e il mondo come volontà e rappresentazione

4/20/2020

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«La vita umana é un oscillare perpetuo fra il dolore e la noia».
ARTHUR SCHOPENHAUER, Il mondo come volontà e rappresentazione, IV, 57
 Il mondo come volontà e rappresentazione, scritto da Arthur Schopenhauer nel 1818, è un testo che ancora oggi ci appare nuovo e sconvolgente, per la profondità filosofica e per la capacità di toccarci l’animo. Nessun filosofo si era soffermato così a lungo sulle emozioni che si collegano ai grandi fatti della vita. È il primo libro di una filosofia esistenziale. 

Arthur Schopenhauer nasce a Danzica il 22 febbraio del 1788. Quando, cinque anni dopo, la città viene inglobata nel regno di Prussia, la famiglia si trasferisce ad Amburgo.
La giovinezza di Schopenhauer è segnata da numerosi viaggi in giro per l’Europa. Il padre, commerciante, li vede come un valido strumento di preparazione alla stessa professione. Ma in seguito alla morte del genitore, Arthur si allontana dall’ambiente mercantile per dedicarsi agli studi umanistici.
Sua madre, scrittrice, si trasferisce a Weimar, dove dà vita a un salotto letterario frequentato anche da Goethe. Il giovane Schopenhauer conosce così il padre della letteratura tedesca.
Studia filosofia prima a Gottinga, sotto la guida di Schulze, poi a Berlino, dove segue le lezioni di Fichte e di Schleiermacher.
Nel 1813 consegue la laurea a Jena e sei anni più tardi vede la luce la sua opera principale, Il mondo come volontà e rappresentazione, che al principio non ottiene alcun successo a causa del suo carattere pessimistico e anti-idealistico. Schopenhauer inizia a insegnare all’Università di Berlino, ma non riesce a competere con la fama di Hegel, che tiene le sue lezioni negli stessi anni.
La notorietà arriva alla metà del secolo, con la pubblicazione della raccolta di saggi Parerga e paralipomena, del 1851, in concomitanza col diffondersi di un generale clima di pessimismo dovuto ai fallimenti dei moti del ’48. Il suo pensiero comincia allora la sua circolazione per l’Europa. Il filosofo muore a Francoforte il 21 settembre del 1860.
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Clicca sull'immagine o sul link per seguire la lezione di Umberto Galimberti su Schopenhauer.
Rai Cultura - Zettel - Caffè Filosofico

CONCETTI BASE >>>> SCARICA IL FILE

CONSEGNE
Dopo aver scaricato e visualizzato i materiali del post, rispondi alle domande del questionario su google drive (v. board su weschool, SCHOPENHAUER)
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Un popolo diventa nazione. La rivoluzione americana.

4/3/2020

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IN SINTESI
Le tredici colonie
Tra Sei e Settecento, la parte orientale dell'America del Nord era stata colonizzata dagli Europei fuggiti alle persecuzioni religiose o politiche (Inglesi, Francesi, Spagnoli).
Tra i primi coloni di quest'area troviamo i Padri pellegrini inglesi che nel 1620 approdarono con la loro nave, la Mayflower, sulle coste del Massachusetts.  
Per tutto il Settecento nel Nord America giunsero emigrati inglesi e non solo. Nel 1732, con la fondazione della Georgia, le colonie erano diventate in tutto tredici e nel corso del XVIII secolo esse conobbero una straordinaria crescita demografica (da 200.000 milioni di abitanti fino a 4 milioni all'inizio dell'Ottocento). 
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Fra le colonie vi erano differenze sociali ed economiche:
nel Centro-Nord si sviluppò una classe borghese forte basata sullo sviluppo delle attività di allevamento e mercantile commerciale, grazie all'attività fiorente di porti come Filadelfia, New York, Baltimora; 
nel Sud, invece, il potere era prevalentemente in mano ai latifondisti che si servivano di manodopera ridotta in schiavitù per la coltivazione delle loro piantagioni.
All'origine della rivoluzione
Il crescente sviluppo delle attività portò i coloni a sopportare sempre meno gli obblighi di monopolio e tassazione a cui erano soggetti da parte del governo inglese. Dopo la Guerra dei Sette anni (1763), inoltre, le misure fiscali furono inasprite, in particolare con l'emanazione di due tasse, sullo zucchero e sui giornali: lo Sugar Act (1764) e lo Stamp Act (1765).
Seguirono le proteste da parte dei coloni non solo per l'ingiusta tassazione, ma anche contro la negazione del diritto di essere rappresentati in Parlamento. La questione fiscale sfociava in un problema costituzionale che fu sintetizzato nello slogan "No taxation without representation" ("Nessuna tassazione [è legittima] senza rappresentanza [parlamentare]").
Gli scontri divennero sempre più frequenti. Nel 1773 il decreto che concedeva alla Compagnia delle Indie il monopolio della vendita del tè nelle colonie  (Tea Act) fece esplodere la tensione.
Fu significativo l'episodio del Boston Tea Party: alcuni coloni travestiti da indiani presero d'assalto le navi inglesi e gettarono in mare l'intero carico di tè. Londra rispose con una linea dura facendo chiudere il porto di Boston e controllando tutta l'attività politica delle colonie.
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Fu questo il momento di una maturazione di coscienza politica degli americani delle colonie: decisero di convocare il Congresso di Filadelfia, 1774 noto come primo Congresso continentale, aperto solo ai rappresentanti delle tredici colonie che chiedevano alla madrepatria autonomia fiscale e amministrativa, nella speranza che il loro appello, seppure osteggiato dal Parlamento, fosse accolto dal sovrano Giorgio III.
Questo non accadde e i coloni si sentirono "traditi" dal loro sovrano. Dalla Gran Bretagna iniziarono a giungere truppe inglesi e nel 1775 si verificarono i primi scontri armati.
Come le colonie giunsero all'indipendenza.
Nel 1775 le colonie costituirono un proprio esercito organizzato  (Continental Army) guidato da George Washington (futuro primo presidente), seppure l'idea di una guerra per l'indipendenza dall'Inghilterra ancora non si fosse pienamente congiurata; solo il 4 luglio 1776 fu chiara questa volontà quando venne approvata la Dichiarazione d'indipendenza.
In essa si leggeva:
"Tutti gli uomini sono creati uguali; il Creatore ha donato loro certi inalienabili diritti; tra questi vi sono la Vita, La Libertà e la ricerca della Felicità.
Ogniqualvolta un governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarlo o di abolirlo e di istituire un nuovo governo nella forma che il popolo ritenga più adatta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità".


Di seguito il testo integrale della >>>>>> Dichiarazione di indipendenza americana (clicca sopra per aprire il link).

Nel documento venivano esposti in maniera chiara ed inequivocabile le ragioni della ribellione che affondavano le basi ideologiche nella filosofia politica dell'Illuminismo, preceduta da John Locke (Montesquieu, Voltaire, Rousseau) e da alcuni pensatori dell'epoca annoverati tra i Padri fondatori del nuovo stato, come John Adams  (autore dei Pensieri sul governo, ispirato al Common Sense ("Senso comune") dell'inglese Thomas Paine) e Thomas Jefferson, che ebbe un ruolo principale tra i redattori del documento, nonché come futuro terzo presidente degli Stati Uniti d'America.
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Il momento della firma e i Padri fondatori ( H.C. Christy, olio su tela, 1940)

Il testo, il primo a rivendicare la sovranità popolare, era destinato ad avere un'enorme fortuna a livello mondiale, diventando un modello per le future dichiarazioni d'indipendenza dei popoli.

​La guerra tra le colonie ribelli e la Corona inglese durerà dal 1775 al 1783. L'esercito americano, seppure inizialmente meno preparato rispetto a quello inglese, ma sostenuto da francesi e spagnoli, riuscì a sconfiggere clamorosamente gli avversari nella battaglia di Saratoga (1777) e definitivamente nella battaglia di Yorktown (1781).
Il governo di Londra dovette arrendersi alla realtà e riconoscere, con la Pace di Versailles (1783), l'indipendenza delle colonie americane.

Gli Stati Uniti creano una Repubblica federale.
Il 17 settembre 1787, a Filadelfia, le ex colonie adottarono finalmente una Costituzione che rese gli Stati Uniti d'America una Repubblica federale che applicò la teoria illuminista della divisione dei poteri.
  • Il potere legislativo fu delegato al Congresso, l'assemblea allargata dei deputati, e al Senato, un'assemblea più ristretta, cui spettava il controllo della politica estera. 
  • Il potere giudiziario fu affidato alla Corte suprema e ai giudici dei tribunali.
  • Il potere esecutivo fu accentrato nella figura del Presidente, eletto ogni quattro anni. I suoi poteri erano ampi: nominava i giudici della Corte suprema (organismo di controllo e tutela dei principi della Costituzione); aveva il comando delle forze armate; poteva bloccare con il suo veto le leggi approvate dal Congresso. Pur tuttavia, in casi estremi, il Congresso avrebbe potuto destituirlo con la procedura dell'impeachment. Non era eletto direttamente dal popolo, ma dai grandi elettori, scelti a loro volta all'interno dei singoli Stati.
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​CONSEGNE
  • ​Leggi ed esplora le risorse di questo post.
  • Integra la lettura con le informazioni del libro di testo, cap.8
  • Trascrivi le frasi per te più significative del documento sopra allegato, ossia il testo della Dichiarazione di indipendenza, nel documento di google drive condiviso che l'insegnante ti invierà per email.
  • Costruisci una mappa concettuale, utilizzando uno strumento digitale (per es. popplet su https://popplet.com/  o  altri strumenti di tua conoscenza) oppure, se non sei pratico, anche disegnandola sul tuo quaderno, comprensiva di date, episodi e concetti fondamentali dedotti da questa lezione.
  • Invia la mappa elaborata alla mia mail prof.monicaphiloweb@gmail.com o in piattaforma WeSchool nel gruppo classe.

Prof.ssa Monica Sanfilippo
Liceo delle Sc.umane e musicale S.Rosa Da Viterbo
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Il materialismo storico e la lotta di classe. Marx (II parte)

4/1/2020

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Concetti base

(La prima parte della lezione è reperibile qui >>>> Marx, il filosofo "rivoluzionario"- I parte) 
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Lettura testi

K. Marx-F. Engels, Manifesto del partito comunista
 
Uno spettro s’aggira per l’Europa: lo spettro del comunismo.
Tutte le potenze della vecchia Europa si sono alleate, per cacciarlo, in una santa crociata: il papa e lo Zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi.
[...]
La storia di ogni società finora esistita è storia di lotte di classi.
Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri di corporazioni e garzoni, insomma oppressori e oppressi, sono stati sempre in reciproco antagonismo, conducendo una lotta senza fine, a volte nascosta, a volte dichiarata, che portò in ogni caso o a una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o alla totale rovina delle classi in competizione.
Nelle epoche piú antiche della storia scorgiamo quasi ovunque una struttura della società tutta secondo differenti strati, una graduazione articolata delle posizioni sociali. Nell’antica Roma abbiamo patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel medioevo signori feudali, vassalli, membri di corporazioni, garzoni, servi della gleba, e inoltre in quasi ciascuna di queste classi ulteriori graduazioni particolari.

[...]
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I comunisti rivolgono i loro sguardi soprattutto alla Germania, giacché questa nazione è alla vigilia di una rivoluzione borghese e giacché essa attua tale rivoluzione in condizioni di civiltà generale europea piú progredite e con un proletariato assai piú evoluto di quanto non lo fosse in Inghilterra nel diciassettesimo e in Francia nel diciottesimo secolo; per questo la rivoluzione borghese tedesca non può essere che l’immediato preludio d’una rivoluzione proletaria.
Insomma, i comunisti appoggiano ovunque ogni movimento rivoluzionario contro le attuali condizioni sociali e politiche.
In tutti questi movimenti essi pongono in evidenza, come problema di base del movimento, la questione della proprietà, quale che sia la forma, piú o meno sviluppata, che essa possa aver raggiunto.
I comunisti, infine, lavorano ovunque al collegamento e all’accordo tra i partiti democratici di tutti i paesi.
I comunisti ricusano di celare le loro opinioni e le loro intenzioni. Dichiarano apertamente che i loro scopi possono attuarsi solo tramite l’abbattimento violento di tutto l’ordinamento sociale sin qui esistito. Le classi dominanti tremino di fronte a una rivoluzione comunista. I proletari non hanno nulla da perdervi se non le loro catene. Hanno un mondo da guadagnare.
proletari di tutti i paesi unitevi!

 
Marx, Opere, Newton Compton, Roma, 1974
CONSEGNE
La lezione nel post è sviluppata per concetti base (cfr. M.Ferrari, Concetti base della filosofia, Pearson). Il lavoro a casa consiste:
  • nella lettura e comprensione del presente post comprensivo del testo in fondo selezionato e relativo al Manifesto del partito comunista di Marx-Engels;
  • nello svolgimento di tutti gli esercizi già indicati nella lezione precedente, più volte suddivisa che trovi al seguente link >>>>> Marx, filosofo rivoluzionario, I parte
Prof.ssa Monica Sanfilippo
Liceo delle Sc.umane e musicale S.Rosa Da Viterbo
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    Monica Sanfilippo


    Docente di Filosofia e Storia nei Licei 

    Counselor filosofico

    ​Musicista violista 

    ​Dottorato in storia e critica dei beni musicali

    ​Librettista

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